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Conoscere: la chiave per migliorare e migliorarsi

La storia di Samantha Sarachella. Una ragazza come tutte

Di Fiore Manzo

Samantha Sarachella è una Romnì ventinovenne nata ad Isernia, una piccola ed accogliente città del Molise. Diplomata al liceo classico, da circa due anni ha conseguito la laurea magistrale in biologia. Si definisce una persona con tante sfaccettature ma sostanzialmente è una ragazza socievole ed onesta, a tratti caparbia ma sempre con la voglia di mettersi in gioco e confrontarsi. Entrambi i genitori di Samantha sono Rom, e sin da piccola, dichiara “ho ricevuto un’educazione caratteristica, con valori e principi ben saldi che hanno accompagnato il mio percorso di crescita e in parte il mio modo di pensare”. Continua specificando: “dico in parte perché se da un lato è vero che si è influenzati dagli insegnamenti ricevuti dalla propria famiglia, dall’altro lato è altrettanto vero e ovvio che si è portati, crescendo, a sviluppare un proprio modo di pensare, ragionare e comportarsi indipendentemente dalle esperienze personali che poi ci si ritrova a vivere”. Essere Romnì, per Samantha, non è altro che vivere la vita in maniera libera ma su basi solide e insegnamenti per lei vitali, quali: il rispetto, l’onestà, il pudore, l’importanza della famiglia, il senso del sacrificio e la speranza. Non rappresenta, tiene a precisare, la classica Romnì idealizzata nell’immaginario collettivo, ovvero, la ragazza “con la gonna lunga che si sposa precocemente e che vive la sua vita pensando unicamente alla casa ai figli e, perché no, che va elemosinando per campare”. Per Samantha “questa è l’immagine distorta, non reale ma stereotipata che esiste nella mente di coloro che pensano di conoscere, ma che in realtà non sanno minimamente cos’è il mondo romanò”. Continua affermando che “in passato la figura della donna poteva in parte rientrare in questa rappresentazione, nel senso che comunque la donna Romnì non era emancipata ma dipendeva dalla famiglia o dal suo sposo ma oggi le cose sono molto diverse. Sono cambiate le necessità, i bisogni e le aspirazioni delle Romnì. Sono infatti desiderose di conoscere, imparare, essere soddisfatte di se stesse, trovare un loro posto nel mondo per migliorarsi e vivere in maniera indipendente come una qualsiasi altra ragazza. C’è chi per fare ciò intraprende percorsi di studio o va alla ricerca di un lavoro che possa appagare la volontà e la voglia di sentirsi alla pari delle altre ragazze non rom”. Sui “ campi nomadi” tiene a precisare che “ nonostante rappresentino la “casa” di 20.000/30.000 rom su 180.000 risiedenti in Italia, credo che siano il vero problema della nostra società perché diventano uno strumento di discriminazione, utilizzato da chi è ai vertici del governo e dai mezzi di comunicazione, nei confronti dell’intera comunità. Si pubblicizza infatti sempre l’aspetto più negativo senza mai marcare sul fatto che la maggior parte dei rom in Italia hanno una casa, pagano le tasse, hanno un lavoro, studiano e conducono una vita normale sulla base del rispetto verso se stessi e verso il resto della società. Quello dei campi rom non è un problema marginale ma diventa un problema dell’intera comunità nel momento in cui il campo diventa nell’immaginario sociale il modus vivendi di tutti i rom e spesso e volentieri ci si marcia parecchio nel far credere questo. Ovviamente bisognerebbe superare questa problematica ma sicuramente non tramite sgomberi forzati mediante i quali si lasciano su strada persone e nella maggior parte dei casi, bambini che non hanno altro se non la sicurezza di quel posto in cui vivere”. Sulle cose da fare Samantha propone: “bisognerebbe offrire un’alternativa di vita. Ogni persona auspica a vivere una vita decente e meritevole e vivere nei “campi nomadi” sicuramente non lo permette ma al contrario, ritiene che possa essere un modo per essere esclusi, ghettizzati ed emarginati dal resto della società. Non è mai stata in un “campo nomadi”, ma comprende quali siano i disagi e le avversità che le persone quotidianamente vivono. Da piccola ha vissuto in delle roulotte messe a disposizione dal comune per molte famiglie rom e non rom che non avevano una sistemazione. L’unico bel ricordo che ha è il suo battesimo e quello dei suoi fratelli, festeggiato proprio in quel posto. Successivamente sono stati trasferiti in delle case popolari potendo così “vivere una vita vera”. Questo è quello che augura a tutte quelle persone che vivono ai margini. Sulla sua comunità la prima cosa che le viene in mente sono i colori. Quello rom è un mondo a colori, può sembrare in bianco e in nero ma in realtà esistono tante sfumature cosi come tante sono le tradizioni che ne sono alla base, come ad esempio: “ il matrimonio o meglio conosciuta la fuitina, il rito del funerale e il cerimoniale che lo segue, le feste comandate ecc”. Continua dicendo:”Una delle mie preferite è la serenata che l’innamorato fa alla ragazza che intende sposare: non è una classica serenata come le altre, c’è tutta una procedura fatta di musica romanticismo, rispetto e estremo pudore, componenti che sono alla base di tante situazioni che riguardano la cultura romanì. Alla base di tutte le tradizioni, comunque sia, la parola d’ordine è condivisione. Questa è la seconda cosa che mi viene in mente se penso alla mia comunità. Si condivide tutto, dalle cose più leggere a quelle più importati e questo è ciò che fa si che il fulcro di ogni famiglia sia l’unione assoluta dei componenti”. Samantha si definisce “una sorta di ibrido, un prodotto di due diversi mondi; crescendo poi sono giunta ad una conclusione: mi sento Samantha Sarachella. C’è un libro di Pirandello che si intitola Uno, nessuno e cento mila, credo che questa definizione mi appartenga e appartenga un po’ a tutti. Sono rom perchè è nella mia essenza, sono nata e cresciuta in una famiglia rom, porto nel cuore gli insegnamenti tramandati dalla mia famiglia. Parimenti sono caggia, in virtù del mio percorso di crescita. Ho avuto infatti la possibilità di conoscere persone non rom che mi sono state di aiuto nell’affrontare diverse situazioni, che mi hanno insegnato a cogliere il meglio anche da ciò che mi era sconosciuto, a non aver paura del diverso, a mettermi in gioco mettendo in campo ciò che sono le mie idee e i miei ideali ma allo stesso tempo ad adattarmi. Sono laureata in biologia e ricordo bene ciò che Darwin affermava: coloro che sopravvivono sono coloro che si adattano meglio alla circostanze in cui vivono; credo che sia realmente cosi”. Sull’attivismo Samantha aiuta i bimbi a svolgere i compiti a casa. Ha sempre amato la scuola e spera che anche le future generazioni, cosi come quelle attuali, percepiscono l’importanza dell’istruzione e della conoscenza in generale. Si ritiene molto fortunata nella vita Samantha perché ha avuto la possibilità di conoscere persone, insegnanti e compagni di liceo in primis, che non l’hanno mai fatta sentire diversa, che non l’hanno hanno esclusa ma al contrario è stata accolta e accettata per ciò che mostrava di essere: Samantha , “una ragazza normale che a prescindere dal proprio cognome (ad Isernia caratteristico della comunità rom), dalla propria carnagione e dalle proprie tradizioni, chiedeva unicamente di essere trattata e considerata alla pari degli altri. Dice ancora “mentre io ho avuto tale fortuna tante persone ieri cosi come oggi, sono discriminate, vittime di pregiudizi che nascono a mio parere unicamente dalla paura del diverso, dalla disinformazione e mancata conoscenza. Tante persone spesso, per fragilità caratteriali si ritrovano ad abbandonare le proprie aspirazioni e i propri sogni perché discriminati, o peggio ancora non rivelano le proprie origini per paura di ripercussioni nell’ambiente scolastico o lavorativi. Credo che per loro questa sia una grande frustrazione . Ora che ci penso, mi ricordo che alle elementari alcune mie compagne di classe mi chiusero in bagno, uscii di lì piangendo inconsapevole del perché fosse successo a me. Beh ti dirò, una di quelle ragazze è tutt’oggi una delle mie migliori amiche. È molto difficile annullare un pregiudizio perché fondamentalmente nasce dal nulla o da false credenze, l’unica cosa che posso dire è di approfondire la conoscenza, di far conoscere ciò che è davvero il nostro mondo e di farci conoscere per ciò che siamo, mostrando a tutti che ciò che vogliamo è avere un posto nel mondo cosi come tutti”. Sul messaggio da fare arrivare a chi legge specifica:” in realtà ho due messaggi, uno va alle persone non rom alle quali voglio dire di non credere e non dar voce ai pregiudizi, alle visioni stereotipate, a tutto ciò che oggi i mass media ci invogliano a credere, ma di conoscere di approfondire, di non aver paura di ciò che può sembrare diverso, a non fare di tutta l’erba un fascio, consiglio di aprirsi al mondo dei rom perché è un mondo bellissimo fatto di ragazzi e ragazze che non vogliono altro se non sentirsi uguali agli altri, quindi componenti primari della società in cui vivono. L’altro messaggio è per i ragazzi rom, vorrei dir loro di credere in se stessi, di non vergognarsi di ciò che sono ma di portare avanti le proprie tradizioni e i propri valori e allo stesso modo di aprirsi a tutto ciò che il mondo può offrire, e sopratutto di studiare!! Solo chi sa, chi conosce può arrivare ad essere libero e indipendente nel proprio modo di pensare comportarsi. Per me la scuola, l’istruzione in generale è stata la mia salvezza”.

 

Da Il Meridione 27/02/2019

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