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Onore e prestigio sociale nelle comunità romanès

Di Fiore Manzo

Nell’immaginario collettivo le comunità romanès sono considerati «da un lato una minaccia sociale, ladri sporchi [...] cattivi [...] rapitori di bambini, persone che in senso dispregiativo sono chiamati zingari; dall’altro, oggetto di una visione poetica che li vede come gli ultimi degli uomini liberi in una società sempre più piena di costruzioni. Pregiudizi e stereotipi, conseguenze di credenze popolari, che troppo spesso riflettono nei mezzi di comunicazione di massa che evidenziando per natura accadimenti negativi e problematiche che contribuiscono al perdurare della discriminazione verso i Rom e alla diffusione di odio e intolleranza» come viene ben spiegato nel libro gioco a cura della fondazione romanì Italia dal titolo Romanì2.0-99 domande sulla popolazione romanì pubblicato da Futura edizioni nel 2014.

L’isolamento istituzionale mediante i “campi nomadi” in Italia e l’autoghettizzazione dall’altra hanno contribuito a creare un muro che rende, ancora, difficile il dialogo. Un motivo in più per superarli attraverso delle politiche non differenziate: mediante gli alloggi popolari. L’invisibilità, la mimesi da una parte e l’ipervisibilità dall’altra sono due modi di vivere l’essere romanò. Ritengo che essere un appartenente alla popolazione romanì significhi essenzialmente conoscere la storia, le tradizioni e gli usi di alcune persone. Sulle tradizioni si dice che sia un “comportamento culturale”, quello di rubare, che permette al gaggio (non appartenente alle comunità romanès) di identificare le comunità romanès.

Nessuno nega che anche alcuni appartenenti alle comunità romanès rubano ma non possiamo dire diversamente, cioè che non rubano, chi appartiene ad altre etnie. Rubare, sembrerà strano, ma è un’azione che chiunque può compiere. Nelle comunità romanès assume, come abbiamo visto, un significato essenziale l’onore. L’onorabilità delle famiglie romanès permette di acquisire prestigio sociale.

Tutti i comportamenti immorali sono, dunque, visti in maniera negativa perché non portano prestigio sociale. Anche rubare è immorale e questo viene condannato dalla popolazione romanì. Leggiamo però fatti di cronaca che raccontano di appartenenti alle comunità romanès compiere atti immorali. Visto che la scienza non ha mai dimostrato che esistono etnie che rubano più delle altre, verrebbe spontaneo chiedersi: non sono forse persone a prescindere dall’etnia?

Se vogliamo farne un discorso etnico basti pensare al concetto di prestigio sociale, all’onore per capire che anche dentro le comunità simili azioni sono inaccettate.

 

 

Letture consigliate

-Fondazione romanì Italia (a cura di), Romanipè 2.0 – 99 domande sulla popolazione romanì, San Vito al Tagliamonte (Pordenone), Futura, 2014.

 

 

Da Il Meridione 07/11/2018

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