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Dall’invenzione del nomadismo culturale alle generalizzazioni di Matteo Salvini

No alle politiche differenziate, SI all’equa dislocazione abitativa

Di Fiore Manzo

La popolazione Romani, si diceva la scorsa volta, non è “nomade per cultura”. La mobilità è di solito stata forzata e dettata da decreti di espulsioni, deportazioni, schiavitù ( nei principati rumeni) frutto dall’intolleranza e dal desiderio di dominio e superiorità dell’essere umano.

L’altra forma di mobilità riguarda le comunità che esercitano professioni che richiedono lo spostamento come: circensi ( In Italia Togni ed Orfei), giostrai o allevatori di animali. Sapevi che quest’anno ricorre il millenario dalla diaspora romanì? È necessario conoscere come le comunità romanès, in India, siano state deportate da un condottiero afghano chiamato Mahmud di Ghazni e impiegati per edificare il suo regno in Persia. In seguito, verso la metà del VIII secolo, seguirono delle migrazioni dopo la conquista degli arabi della Persia.

Le migrazioni dalla Persia iniziarono a estendersi in tutto il mondo. Alcune comunità passando per l’Armenia giunsero in Grecia dove per diverso tempo trovarono accoglienza e coesione. Con l’arrivo dei Turchi Albanesi e Greci di origine Rom trovarono rifugio in Italia nella seconda metà del 1300. Fra gli stereotipi postivi che caratterizzano le comunità romanès c’è il “nomadismo”. I cosiddetti “figli del vento” ora per motivi fantasiosi di carattere religiosi come l’essere condannati a girovagare ed ora perché liberi e non inclini alle leggi dei paesi questo stereotipo, andando in profondità, viene smentito dalla storia. L’Italia denominata “il paese dei campi” ha istituzionalizzato questa orrenda forma di segregazione mediante delle leggi regionali (Lazio 1985; Sardegna 1988; Emilia-Romagna 1988; Friuli Venezia Giulia 1989; Vento 1989; Umbria 1990; Piemonte 1993; Toscana 2000 e Provincia autonoma di Trento 2009) dalla metà degli anni ’80 del novecento in poi. Con queste leggi il nomadismo diventa istituzionale e le genti venute dall’est d’Europa ( ex Jugoslavia e poi Romania) si trovarono a familiarizzare con queste nuove forme di abitare marginali ai centri delle città, sovraffollati, con servizi non sufficienti o addirittura privi. Nomade chi? Verrebbe da chiedersi dunque studiando la storia. Una grande finzione quella dei “campi nomadi” che costano milioni di Euro e non portano alcuna integrazione. Come ogni altro luogo ad alta concentrazione sociale è un contenitore di devianza, di persone che abbandona la scuola e con problemi, di conseguenza, d’inclusione sociale e soggetti a esclusione e razzismi. Il ministro dell’interno Matteo Salvini commentando un accaduto orribile nella capitale, dove una donna è stata investita da due minorenni di origine Rom che abitano in uno dei “campi nomadi” della capitale sul suo profilo facebook ha scritto: “Qualcuno sostiene che non dovrei dirlo, invece io lo dico: i due delinquenti, minorenni, vengono da un campo ROM, luogo di illegalità e degrado che alleva criminali e che nell’Italia che ho in mente non dovrebbe esistere”. Nelle parole del ministro emerge una generalizzazione palese che definirla errata dovrebbe essere scontata per tutti. Ogni luogo abitato può contenere persone delinquenti così anche i “campi ROM” anche se in misura superiore ma non è a prescindere vero e giusto divulgare un messaggio che contiene una generalizzazione e che incita all’odio e l’intolleranza di un’intera minoranza. Questo o altri accaduti che vanno assolutamente condannati portano un nome proprio di persone ed è solo questa persona che porta quel nome specifico, che ha compiuto un atto ripugnante, che deve essere condannata e rieducata.

Con il ministro sono d’accordo che è necessario superare i “campi nomadi” che sono luoghi dove la cultura romanì sta morendo senza dialogo/scambio con la società maggioritaria, ma differisco nell’applicazione delle soluzioni. Più volte ha incitato al superamento utilizzando la“ruspa” come strumento per “eliminare” i “campi” . Guardando gli studi sull’equa dislocazione abitativa è sufficiente dire che l’inclusione della famiglia ha riscontri positivi su tutti gli indicatori sociali. Evitare quindi le “politiche differenziate” che hanno solo creato guerre fra penultimi e ultimi, aumentato l’odio e l’intolleranza e offrire solo a chi realmente ne ha bisogno un alloggio popolare questa è la strada corretta. Salvini sostiene che chi abita nel campo è educato alla criminalità eppure io, come tantissimi altri coetani a Cosenza ( nel quartiere mono etnico a San Vito Alto) come altrove non siamo delinquenti.

 

 

Letture consigliate: Santino Spinelli, Rom genti libere. storia, arte e cultura di un popolo misconosciuto, Milano, Dalai, 2012.

Berenice, Compare, Lunaria e Osservazione ( a cura di), Segregare costa. La spesa per i campi nomadi a Napoli, Roma e Milano, 2013. Antonella Cammarota et al ( a cura di), I Rom e l’abitare interculturale. Dai Torrenti ai condomini, Milano Franco-Angeli, 2009.

 

 

Da Il Meridione 26/09/2018

 

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